Le ragioni dell'anima
La storia > La vetrina del salotto
E' difficile spiegare le ragioni
dell'anima, o forse è inutile, perché l'anima non ti dà ragioni, che non siano
esse stesse le ragioni della tua vita, le radici attraverso le quali vedi il
mondo e il mondo vede te.
E il Genoa è una ragione dell'anima, perché la fede rossoblù avrebbe mille ragioni per vivere dentro di me, ma neppure una di queste è quella definitiva.
E il Genoa è una ragione dell'anima, perché la fede rossoblù avrebbe mille ragioni per vivere dentro di me, ma neppure una di queste è quella definitiva.
Forse è perché il Genoa, in
lingua Genovese, si dice "o Zena" e il termine si confonde e
sovrappone con quello della città ( a proposito, come si dice Sampdoria in
Genovese?)
Forse perché mi piacciono i
vicoli fumosi e vocianti e detesto i grattacieli pieni di vetri, specchi e
manichini rampanti.
Forse perché amo gli obiettivi disperati e impossibili, e ad una vittoria vissuta da spettatore, preferisco una sconfitta vissuta da protagonista, e senza che la mia dignità - valga quel che valga - io l'abbia mai barattata per essere spettatore di meraviglie.
Forse perché amo gli obiettivi disperati e impossibili, e ad una vittoria vissuta da spettatore, preferisco una sconfitta vissuta da protagonista, e senza che la mia dignità - valga quel che valga - io l'abbia mai barattata per essere spettatore di meraviglie.
Forse perché nella Nord ho
incontrato occhi contornati da rughe che come fiumi essiccati ricordano il
percorso delle lacrime e del sorriso, e quegli occhi mi rammentano quando,
tanti anni fa, in quella gradinata, c'era una mano piccola di bambino,
dolcemente scaldata ed abbracciata da una mano vecchia e più grande, che un po'
tremava, ma per amore, non per paura.
O perché i capitoli dei miei
anni, hanno il segnalibro rossoblù, che al ripasso della memoria l'emozione
magari non la trattengo, ma l'accompagno con la dolcezza del ricordo dei goals
di Pruzzo e Damiani, o di giocatori come Cini e Balestrieri, Rigotto,
Traspedini e Rivara.
E poi un mondo di emozioni, di
ansiosa attesa, della sacralità della domenica mattina, quando il calcio era
ancora vero calcio, e si mangiava dalla mamma di Mario, che preparava i
tagliatelli fatti in casa con il sugo di lepre, e si mangiava presto, a
mezzogiorno, perché poi alle due e mezza c'era la partita.
E rotolare abbracciato a tre fratelli sconosciuti, dieci gradini in basso, al goal di Bonci, in Genoa - Reggiana 3 - 2, o i 50.000 spettatori di Genoa - Cesena, che in realtà saranno stati almeno diecimila di più, che stavamo in piedi anche in tribuna, per la gioia di Fossati.
E rotolare abbracciato a tre fratelli sconosciuti, dieci gradini in basso, al goal di Bonci, in Genoa - Reggiana 3 - 2, o i 50.000 spettatori di Genoa - Cesena, che in realtà saranno stati almeno diecimila di più, che stavamo in piedi anche in tribuna, per la gioia di Fossati.
Come un gigantesco file .zip che
si sta scompattando in mille piccoli file, mi si sgranano velocissimi i ricordi
dell'universo rossoblù: e so, lo sento, che le immagini, e i sentimenti sono
divisi e condivisi da mille e diecimila e centomila memorie di tutti i fratelli
rossoblù.
E mi sento meno solo.
Cecco degli Angiolieri