Alla ricerca del tempo perduto - Druidi

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Alla ricerca del tempo perduto

La storia > La vetrina del salotto
Se risalgo nella memoria, non riesco a stabilire né quando, né come, né
perché sono diventato Genoano.
Se penso al Genoa, però, la mente mi si affolla di ricordi e si confonde. Mi
si affaccia l'emozione che provavo a sentire raccontare i racconti del mio
leggendario nonno, di cui porto il nome e che non ho mai conosciuto, perché
morto 11 anni prima che nascessi. Il nonno che aveva rischiato le botte a
Bologna per o Zena. Il nonno che era andato a veder "giocare al pallone" a
Wembley nel 1934 ed era tornato dicendo che di "arroganti come gli inglesi
non aveva mai visto nessuno".
Oppure un vecchio apparecchio per la filodiffusione (da restare fulminati se
cercavi di regolare il volume), dispensatore di croci e delizie, compresa
quella volta (ma che anno sarà stato mai ?) che il radiocronista del derby,
caso unico, per quanto ne so, aveva annunciato per errore il gol del Genoa,
quando invece avevano segnato i ciclisti, gettando tutta la famiglia nello
sconforto con la sua rettifica al collegamento successivo.
E che dire di quei pomeriggi di domenica sugli spalti di via Carso, da dove
vedevi non più di un terzo del campo, e i giocatori piccoli come formiche,
se usavi il binocolo. Con mia mamma silenziosa a cercare di capire se,
almeno, stavamo attaccando. Unico bambino in mezzo a tanti nonni. E' stato
lì, quando in un Genoa - Juventus, mi pare, abbiamo tutti immaginato, voluto
e maledetto di intravedere, oltre la miopia e la foschia, Corso battere un
rigore e sprecarlo. E' stato lì, quando ho visto i visi impietriti di tutti,
quasi a dire "lo sapevamo, non poteva che essere così", che ho incominciato
a capire cosa sono i Genoani e cosa sono io.
Mia mamma, già. Temutissima docente di Fisica. Che, al goal di Tomas in
Genoa - Oviedo aveva costretto i vicini ad accorrere per cercare di capire
se veramente un cinghiale ferito si era asserragliato nel mio salotto, e per
scoprirla, ebbra di gioia, che ruzzava intorno al tavolo rotondo, rantolando
un "sìììì, sììììì" baritonale...
E mentre il tempo scivola via dalle dita e pensi a tutte le facce che non
vedrai più, ti conforta, come un po' di zucchero in fondo alla tazzina,
pensare che, in fondo, ci sarà sempre qualcuno come te, che non riesce a
fare a meno di perdere tutto il fiato, per parafrasare Aldo Grasso, a
inseguire una palla, che rimbalza qua e là, quasi mai dove vuoi tu, e, in
fondo, pensa che è meglio così..."
Principe Myskin
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